Spot: Airport '98
Cliente: Nike
Regia: John Woo
Agenzia: Wieden + Kennedy
Dop: Charles Wolford
DP: Nicola Pecorini
Editor: Russell Icke
THE FOURTH ISSUE
THE FOURTH ISSUE
Il nuovo Golden Boy
Saul Alvarez, detto Canelo, il soprannome che porta da sempre per il colore dei capelli, è l'idolo di un'intera nazione, il Messico, terra di grandi pugili quali Chavez e De La Hoya. Da autentico niño maravilla, giovane predestinato alla vittoria, è diventato un Golden Boy capace di firmare un contratto da 365 milioni di dollari. Un business che fa destare sospetti, nonostante il suo indubbio talento.
Per tutti è diventato l’uomo da 365 milioni di dollari. Ben più del televisivo Steve Austin-Lee Majors, Saul Alvarez, detto Canelo, è una star strapagata. Il maxi-contratto siglato con la piattaforma digitale Dazn per 11 incontri da disputare, trasmessi dal network, ne ha fatto uno degli atleti più ricchi del mondo.
Intanto lui ha iniziato ad onorare l’accordo a suon di vittorie sul ring, qualificandosi come miglior pugile pound per pound in carriera, un riconoscimento morale che si contende con Anthony Joshua. Il 15 dicembre scorso ha sconfitto Rocky Fielding, spedendolo k.o. in tre round, nella sfida per il titolo mondiale Wba dei supermedi.
Il 4 maggio, Canelo – il soprannome che porta da sempre per il colore dei capelli, che hanno il colore fulvo della cannella – ha battuto Daniel Jacobs, il "Miracle Man" che ha superato un cancro osseo che l’aveva costretto alla sedia a rotelle, imponendosi ai punti. Così Alvarez ha aggiunto alla lista delle corone che indossa quella dei medi Ibf. Per amplificare completamente il dominio nella categoria, a Canelo, che già vantava il comando in Wbc e Wba, manca solamente la cintura della Wbo, detenuta da Demetrius Andrade.
Eppure il confronto che chiedono i più è un altro: Canelo contro Gennady Golovkin, il kazako con cui Alvarez ha già incrociato i guantoni per due volte, con un pareggio e una vittoria dal verdetto contestato.
Comunque vada, sarà un successo.
Intanto Canelo è l’idolo di un’intera nazione, il Messico, una terra in cui i grandi pugili sono dei miti.
Usciti dalla strada, si sono fatti largo con la forza del corpo e della mente (diffidate di chi dice che la boxe sia fatta solamente di cazzotti) per ottenere il pieno riscatto sociale. Gli esempi più grandiosi conducono a Salvador Sanchez, "el Chava", e poi a Julio Cesar Chavez e Oscar De La Hoya – nato a Los Angeles e col passaporto Usa, ma di forti radici messicane – che di Alvarez è il nume tutelare. Canelo è entrato nel solco della leggenda e lo sta rendendo più esteso. D’altronde uno come lui ha viaggiato presto sul filo della predestinazione, anticipando il passaggio ai professionisti, da autentico niño maravilla : a quindici anni, infatti, già non era possibile trovare degli avversari adatti a misurarsi con Canelo, e così i suoi allenatori, Chepo ed Eddy Reinoso, padre e figlio, decisero che era tempo che facesse il salto. Già questo dato basta per comprendere lo spessore di Alvarez e la sua vocazione all’ingresso nell’Empireo della boxe. Canelo ha perso un unico incontro dei 55 che ha sostenuto: nel 2013, quando si batté con Floyd "Money" Mayweather, epico campione che lo piegò ai punti in dodici riprese, al MGM Garden di Las Vegas, nel duello per la riunificazione tra Wbc e Wba del titolo dei medi leggeri. Prima e dopo, Alvarez non è mai stato sconfitto, conquistando sempre più corone ed ergerndosi a benchmark per qualsiasi sfidante.
Come sempre accade, fama e gloria chiamano con sé invidia e malelingue. Qualcuno si è messo a spifferare che Canelo sia un business tanto imponente da non consentire guasti. Ovvero, che i giudici abbiano un occhio di riguardo, diciamo così, per il fuoriclasse messicano, onde evitare di compromettere il vorticoso giro di soldi che si muove attorno a lui. Intervistato da Riccardo Crivelli per "La Gazzetta dello Sport" in prossimità dell’incontro con Jacobs, Canelo è stato diretto e possente quanto uno dei suoi jab: "Solo chiacchiere, lasciate che parlino. La boxe è uno sport meraviglioso perché dal ring esce solo la verità. Si chiama legge del k.o. E non tradisce mai". Per k.o. ha vinto 35 combattimenti sui 52 in cui ha avuto la meglio. Per la sua precocità l’hanno chiamato Golden Boy, negli Stati Uniti fanno a gara a corteggiarlo per ospitare un suo match, in Messico è un eroe.
Nel suo paese ha creato un’agenzia che rappresenta i pugili locali: la Canelo Promotions rappresenta 40 boxers.
A coordinarla e gestirla sono sempre i suoi coach, i Reinoso. Ma l’oro che circonda Alvarez ha, senza dubbio, anche dei lati oscuri. Il ruolo di manager-organizzatore di De La Hoya, la presenza ieratica che si staglia dietro di lui, ha un peso specifico enorme.
La trilogia degli incontri con Golovkin, sussurrano i soliti noti, potrebbe arrivare all’epilogo soltanto se anche lo storico rivale di Canelo chiuderà l’intesa con DAZN: questi, infatti, sarebbero i "desiderata" di De La Hoya. Tant’è, intanto Golovkin era a bordo ring a seguire l’appuntamento con Jacobs, mentre quello con Fielding era stato introdotto da una docu-serie in tre puntate prodotta proprio da DAZN, intitolata "The Journey: Canelo/Rocky". Il potere televisivo sulla boxe è un fatto crescente e assodato da decenni, ma è da scellerati pensare che dietro al talento sconfinato di Alvarez ci siano trame da reality show.
Canelo, dal canto suo, ha chiarito, a proposito dell’ipotesi di ritrovare Golovkin: "Io voglio il meglio. Golovkin lo consideravo un capitolo chiuso, ma se quello è il match che vuole la gente, io sono pronto". Deciderà lui? Difficile, per non dire impossibile. Se ha un’ambizione in questo senso, Alvarez pensa a Mayweather, per una sfida che sarebbe il lavacro di una sconfitta che non ha mai accettato. Non sarà semplice: Money ha compiuto quarantadue anni a febbraio e si dedica a delle esibizioni per cui riceve cachet da kolossal hollywoodiano, come quella che si è svolta in Giappone con il kickboxer Tenshin Nasukawa, il 31 dicembre, con Mayweather che ha vinto per k.o. tecnico alla fine del primo round. Il 26 agosto 2017 lo stesso spettacolo era andato in scena con fragore in Nevada per il duello con Conor McGregor, il re UFC delle arti marziali miste, sconfitto in dieci riprese.
A parole, e con nettezza, Money ha ripetuto di essersi ritirato dal pugilato professionistico, e quindi i margini per una rivincita con Canelo sarebbero azzerati. Fino a prova (televisiva) contraria, naturalmente.
Matteo Fontana
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