Spot: Airport '98
Cliente: Nike
Regia: John Woo
Agenzia: Wieden + Kennedy
Dop: Charles Wolford
DP: Nicola Pecorini
Editor: Russell Icke
THE FOURTH ISSUE
THE FOURTH ISSUE
Francesco Messori è il capitano della nazionale italiana di calcio amputati. Una storia dedicata a chi si lamenta di tutto precludendosi la possibilità di relativizzare sofferenza e speranza.
Dicono che il calcio sia lo sport più difficile del mondo. Perché bisogna correre, saltare e fermarsi giocando l’attrezzo (il pallone) con i piedi. Puoi usare anche la testa oppure il culo. Ma indicativamente servono entrambe le zampe inferiori. Dicono che sia complicato coordinare tutti questi movimenti. Lo dicono tutti quelli che si cimentano con questo sport. A pensarci bene sembrerebbe più facile giocarlo con le mani, il pallone. O con una racchetta, la pallina. Ma questo cazzeggio rischia di generare una guerra di religione in cui quelli della spicchia dentro un anello potrebbero avere argomentazioni altrettanto interessanti. Diciamo che giocare a calcio è parecchio complesso. Ma è terribilmente facile. Bastano due cartelle messe come porta e un pallone di stracci. Il tutto in una visuale romantica che non esiste più visto che i bambini non bazzicano la strada e all’asfalto oratoriale preferiscono le esose scuole calcio.
Ricapitolando: il calcio è facile o difficile? Il calcio è impossibile senza una gamba. Visto che si gioca con entrambe. Ma, anche qui, è una questione di prospettiva. In Italia si gioca a prescindere. E così nel mondo.
Trattasi di calcio per amputati: sette giocatori in campo, sei fuori e uno in porta, due tempi da venticinque minuti e la presenza di stampelle. Ecco, la questione si complica ulteriormente. Chi non difende i pali può agire per il campo con una sola gamba, senza protesi. Ma se le gambe mancanti dovessero essere due, allora l’aiuto artificiale (uno!) sarebbe accettato. Il pallone non si gioca con l’acciaio delle stampelle, solo piede. Mica facile. Sembra di vedere un football in leggerezza, tutto ballato. E se vi capita di guardare una partita rimarrete colpiti dalla velocità con cui ci si libera dell’avversario in dribbling. Perché gli elementi da gestire sono veramente tanti: occhio, palla, gamba e stampelle. Diverso il discorso per la porta. L’estremo difensore può avere entrambe le gambe ma non può schierare entrambe le braccia. A ognuno la sua, tosta, difficoltà.
E veniamo all’Italia. Che ha fatto i Mondiali in Messico, inserita nel gruppo B. Tre vittorie con Argentina, Francia e Ghana e corsa che si arresta agli ottavi di finale contro l’Angola, futura vincitrice finale. Niente male come risultato. Specie per una squadra che è nata solo nel 2011 grazie alla felice intuizione di Francesco Messori, giovane calciatore di Correggio nato nel 1998 senza una gamba ma cresciuto con la voglia di emulare il suo idolo Leo Messi.
Francesco è storia meravigliosa. Dedicata a chi si lamenta di tutto precludendosi la possibilità di relativizzare sofferenza e speranza. Francesco ha due genitori che lo adorano, lui comincia in porta con una protesi ma sente forte il richiamo della prateria: vuole stare fuori. Nel 2011 viene tesserato nel CSI ma non gli basta. In Turchia e Inghilterra ci sono veri e propri campionati per giocatori amputati. Lui crea una pagina Facebook materializzando la chiamata alle armi. Tu costruisci il sogno e loro verranno. In una realistica citazione cinematografica, cominciano a rispondere in parecchi e il 27 aprile 2013 la squadra azzurra gioca il suo primo match ufficiale, in Francia. Francesco è il capitano, of course. È l’anima, il motore. Porta un tatuaggio sulla nuca che è un manifesto programmatico: IT’S ONLY ONE LEG LESS. È solo una gamba in meno, pura poesia applicata al pragmatismo. Se volete sublimare il concetto di palle quadrate passate pure da queste parti.
Lui che senza una gamba ci è nato, la fa cantare, la palla. E fa brillare gli occhi alla mamma Francesca che scrive un libro ("La tifosa di Messi" – Acar Edizioni, compratelo… i soldi vanno proprio a quella nazionale amputati) e tiene dritta la barra scolpendosi nel cuore le parole di Sant’Agostino: «Dio non toglie mai senza dare molto di più». Di quale dio si tratti è presto detto: quello della passione. Un dio onnipotente e giusto. Senza scomodare la religione ma abbracciando la fede, o meglio la fiducia, in una vita meravigliosa. Amen.