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Ron e la rissa più famosa dell'NBA

RUBRICA "CAVALLI SELVAGGI"

di Matteo Fontana

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Santo o diavolo? La risposta non cercatela nel nome, che non può essere omen. Ron Artest, infatti, è stato Metta World Peace, e dopo The Panda’s Friend. Tutto vero: only in America. I cambiamenti all’anagrafe accompagnano il temperamento ondivago di uno dei più tenaci difensori visti in NBA negli ultimi due decenni. Rissoso, aggressivo oltre il confine della violenza agonistica: Ron, Metta, oppure l’Amico dei panda, quello che volete, si tratta di un purosangue che rifiuta la briglia e che, appena il fantino cerca di montargli in sella, lo disarciona e scappa nella prateria. Venuto su a Queensbridge, tra le strade di fuoco di un enorme complesso di case popolari di New York, non poteva che essere un pistolero, e non un bounty killer. L’unica legge che Artest ha sempre rispettato è sempre stata la sua. 

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La rissa che infiammò il 19 novembre 2004 a Auburn, nella casa dei Detroit Pistons, quando giocava con gli Indiana Pacers, resta il manifesto di una ferocia sempre sul filo dell’implosione. Da uno scontro con Ben Wallace, pivot di Detroit, scatenò una caccia all’uomo sulle tribune, scagliandosi contro dei tifosi di Pistons. Fu il panico. 

 

Venne squalificato per 86 partite, la pù lunga sospensione mai fissata dalla Lega. 

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Ci si potrebbe fermare qui, e dipingerlo come un Farfarello di due metri e centoventi chili di muscoli scappato da Malebolge per portare un messaggio satanico nel basket USA. Invece no: Artest rinato World Peace ha scelto di portare quel nome come messaggio di temperanza. Strano ma vero. Metta, d’altronde, è una parola della tradizione buddista che significa “amorevole gentilezza e amicizia per tutti”. Amicizia, ovviamente, anche per i panda, dolcissimi animali a rischio d’estinzione. L’orso Ron, brutale in campo, ci si rivede più di quanto lui stesso possa ammettere. A proposito: da qualche tempo è tornato al suo nome di battesimo. Quello sì un omen.

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