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Il mio mondo è Venezia
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"Il mio mondo è questo. Fatto dell'acciaio delle bocce e della terra su cui rotolano. Fatto del sale sui muri a cui mi reggo. Fatto di secche e acque grandi. Il mio mondo ha regole e rituali." La Venezia sospesa nelle fotografie di Francesca Occhi è un mondo ancora romantico. Un mondo piccolo ma immenso.

Io da qui sento il loro profumo. Aspetto aprile, forse maggio. Sono corte, larghe e schiacciate con un colore verde che può virare al grigio. Per prenderle usiamo le trezze, le reti, poggiandole sui fondali bassi della laguna. E poi ci aiutiamo con le serraglie.

Boccino lanciato... adesso vediamo!

Le serraglie sono dei lunghi sbarramenti di pali e reti, li mettiamo in acqua all’inizio della stagione e aspettiamo pazienti il primo tepore di primavera. Puliti, ordinati. Collegati a essi ci sono i cogolli, trappole che somigliano a dei piccoli imbuti in cui ci finiscono per forza. Ci devono finire. Tutto quello che catturiamo viene buttato dentro sacchi di iuta per mantenere la giusta umidità e per trasportarle nei casoni, dove facciamo la selezione. 

Primo scarto! Prima boccia delle quattro. Mi sento fortunato... mi sento fortissimo!

Vai con l’accosto... 

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Dentro il casone vediamo quali sono quelle che stanno cambiando il carapace, le più molli.

Le altre le ributtiamo in mare. Quelle selezionate vanno messe dentro casse di legno e semi sommerse nell’acqua salsa in modo da permettere la muta della stagione.

Il biberòn!!! Al primo colpo! Urca... boccia a un soffio dal boccino.

Adesso sparatevi un mezzo fermo se volete portarmi via il punto!

Ora, questa è la storia delle moèche, alcuni dicono mollecche, perché sono molli, con la crosta in mutamento. Appunto. Le moèche sono granchi delle nostre parti. Sono granchi di barena, granchi maschi. Sono bestie da scartosso, roba da mangiare per le calli o sulle tavole in fondamenta. È roba nostra, roba di Burano e di Pellestrina, roba della Giudecca. Roba da condividere con chi si avvicina al Leone con la giusta deferenza.

Chi vuole sentire il sapore di Venezia le mangia. 

Ecco... lo sapevo... arriva il bocciatore di turno e finisce che vola tutto per aria. Io lo odio quello lì.

Due passi leggeri, il solito tiro al volo e... SBAM!... la mia boccia finisce quasi fuori dal legno.

Tutto da rifare. 

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Come cucinarle? Qualcuno dice bollite. Ma sarebbe come andare fino a Roma e non vedere il Papa. Io faccio così: preparo una bacinella e gli rompo dentro una ventina di uova. Le sbatto come se dovessi fare un’enorme frittata. Poi ci ammollo le moèche vive e le lascio lì. Loro si dibattono inizialmente ma poi cominciano a mangiare tutto l’uovo in cui sono immerse. E piano piano, lo finiscono. Mentre si gustano l’ultima cena, preparo la farina sul tavolo.

Io sono più un puntatore, le mie bocce danzano leggere sulla pista. Arrivano sempre a un soffio.

Per quello preferisco giocare in coppia. Io costruisco e qualcun altro distrugge.

Alla fine del turno la nostra coppia vince sempre. Da solo non mi ci trovo.

Lo sanno tutti alla bocciofila di San Sebastiano.

Quando l’olio è veramente bollente, prendo le moèche e le butto dentro. Vive. Sembra orribile e forse lo è. Eppure quando prendono "un color rosso dorato ch’è una bellezza, e un sapore dolcigno, che s’associa squisitamente ad un gusto piccante d’aliga e di mare" io divento matto e penso sempre alle parole del pittore Elio Zorzi. 

Quando suona mezzogiorno finisco l’ombra di bianco e torno alle mie mura umide in calle del Vento. Faccio il ponte del Cristo, attraverso campo de l’Anzolo Rafael e arrivo sul bordo del Canal della Giudecca.

Qui sulla laguna, da dove sento il loro profumo. Il mio mondo è questo. Fatto dell’acciaio delle bocce e della terra su cui rotolano. Fatto del sale sui muri a cui mi reggo. Fatto di secche e acque grandi. Il mio mondo ha regole e rituali. Il mio mondo è piccolo ma immenso. Il mio mondo è Venezia. 

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Le foto sono di Francesca Occhi

Instagram: @francesca_occhi

Il testo è di Francesco Costantino Ciampa

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