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Quei maledetti 30 metri
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Successe di tutto a quel Giro delle Fiandre del 1977: la resa di Eddy Merckx; la squalifica per un  cambio di bicicletta non consentito che impedì a Freddy Maertens di vincere una grande classica nella sua carriera; la vittoria di Roger De Vlaeminck. Nel modo più incredibile «Il gitano di Eeklo» riuscì a sfatare il tabù de La Ronde.

Giro delle Fiandre, 3 aprile 1977: alla partenza da St Niklaas tutti concordano che sia Freddy Maertens l’uomo da battere. Veste la maglia iridata, dopo averla conquistata al mondiale di Ostuni bruciando Francesco Moser nel testa a testa sul rettilineo finale. La nuova stagione si è aperta con il successo alla Parigi-Nizza: Freddy è un cavallo di razza, un talento cristallino, spaccone quanto basta e forse anche di più. È in forma smagliante, carico a molla e punta dritto al suo primo successo in una grande classica. La Ronde è la madre di tutte le corse per i fiamminghi, una sorta di rito religioso che si celebra su stradine di campagna prese a schiaffi dal vento, e sui celebri muri di pavé dove il cuore batte così forte fino a salirti in gola e l’acido lattico t’imprigiona nei suoi tentacoli. La partita preannuncia un derby di casa tra Maertens e Roger De Vlaeminck, due che in corsa vanno d’accordo più o meno quanto cane e gatto nei corridoi di casa. 

All’impressionante palmares del Gitano manca proprio il sigillo delle Fiandre: ha già infilato tre Parigi-Roubaix (il poker da record lo calerà due settimane dopo), ma al settimo assalto il pavé di casa mai gli ha finora detto bene. C’è poi Eddy Merckx che ancora non molla e non si piega alle evidenze di un inesorabile declino. Il Cannibale ha una nuova squadra, la Fiat France guidata in ammiraglia da Raphael Geminani, dal suo fisico affiorano ruggini, ma dentro ha ancora fame di prede. È proprio lui ad accendere la corsa e lanciarsi all’attacco, guadagna una quarantina di secondi, ma sul Koppenberg De Vlaeminck e Martens lo riacciuffano. Rimangono così in tre al comando sotto gli occhi dei tifosi belgi in visibilio. 

Al chilometro 200, il primo colpo di scena: Merckx stenta a tenere il ritmo forsennato imposto dai due compagni di fuga, scende dalla bici e si ritira. A debellarlo è la mononucleosi, che lo costringerà a saltare il Giro d’Italia.

Il suo romanzo è alla pagina dei ringraziamenti. Mancano 60 chilometri all’arrivo; a giocarsi la corsa di casa, che nessuno dei due ha mai vinto, rimangono Maertens e De Vlaeminck. Restano da affrontare le terribili rampe del Muro di Grammont dove è assiepata una marea umana: Freddy ne ha di più, ma il Gitano non molla l’osso. Poi succede il fattaccio: poco dopo il Kapelmur Martens fora, per paura che De Vlaeminck se ne vada non attende l’arrivo dell’ammiraglia e prende una bici al volo lungo la strada (pare dal fratello). Il cambio di bicicletta è consentito, ma nelle aree previste dal regolamento.

Freddy l’ha cambiata trenta metri fuori dai confini. Un nulla, ma tant’è. 

Da lì alla fine il tandem lo pilota lui, De Vlaeminck se ne sta buono a ruota e non tira un metro.

L’ammiraglia della Flandria parlotta intanto con Maertens; qualcosa evidentemente non va, ma ancora non si capisce che diavolo stia succedendo. La giuria avrebbe deciso di squalificarlo, ma gli dicono di non mollare: "Va avanti, tira dritto. Siamo in diretta tv, ed è buona pubblicità per noi, vedrai che tutto si aggiusta". Maertens li prende in parola e si rimette giù a spingere sui pedali, tallonato da Vlaeminck che sbuffa. Quando la coppia è in vista dell’ultimo chilometro, la macchina della giuria affianca Maertens e gli comunica l’ufficialità della squalifica: "E me lo dite adesso, a un chilometro dalla fine?" Oltre agli astrali verbali, contro la macchina della giuria Freddy scaglia pure una borraccia piena di rabbia. Sul rettilineo finale di Meerbecke si rialza lasciando via libera a un De Vlaeminck incredulo quanto la folla al traguardo. 

Il pubblico non la prende bene e riserva bordate di fischi all'incolpevole Gitano, che sul palco ha il buon gusto di non esultare per la più amara delle vittorie. Non è finita: in Belgio un biochimico di Gand, il Professor Michel Debackere, ha messo a punto un metodo efficace per scoprire i furbi; nella rete di pesci ne finiscono molti, tra cui Planckaert, terzo classificato e Sibille, quarto. Lo scandalo Stymul, un farmaco anfetaminico, esploderà qualche settimana più tardi alla Freccia Vallone, quando positivi saranno beccati Merckx, Pollentier, Van Katwijk, il recidivo Planckaert, e lo stesso Maertens. Ne resterà fuori De Vlaeminck, fuoriclasse pulito e mai una sola volta pizzicato, la cui vittoria a La Ronde assumerà un minimo di legittimo credito. Freddy Maertens chiuderà la sua carriera con tante vittorie, un altro titolo mondiale, ma mai una classica.

Dirà: "Anche se ho vinto più di 300 corse, non ho smesso di pensare che quel Fiandre del ’77 l'ho corso bene e l'ho perso male. Se per incanto potessi riavere le gambe che avevo, vorrei correre ancora un altro Fiandre, uno solo".

È l’epitaffio del rimpianto.

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