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ETIOPIA
Dove la corsa vive sotto pelle

REPORTAGE

Photos and text by Giovanni Gallio

Un 16 agosto a Dilla, Etiopia

Sono da poco passate le nove del mattino ma il sole picchia già forte e la temperatura è ben al di sopra dei 30 gradi. E la polvere. Dappertutto. Ti si attacca alla pelle sudata e ti entra nei polmoni. Ma loro sono tantissimi, e non vedono l’ora di partire. Fanno stretching, provano qualche allungo, si stringono bene i lacci delle scarpe. Chi le ha, perché molti correranno scalzi.
 

È il 16 Agosto. Qui a Dilla, Etiopia del sud, non è un giorno come gli altri. Oggi è l’anniversario della nascita di Don Giovanni Bosco e, come tutti gli anni, la locale missione dei Salesiani ha organizzato le celebrazioni. Qui i cattolici sono un’esigua minoranza ma la missione si è guadagnata il rispetto di tutti. Nutrono e vaccinano i bambini, offrono assistenza medica e hanno creato una struttura scolastica efficiente che va dalla scuola primaria ai corsi professionali avanzati. Durante la giornata ci saranno la messa, gli spettacoli di teatro, i tornei di calcio e pallavolo e un pasto caldo per tutti. Ma il piatto forte viene servito subito, di prima mattina: la gara di corsa.

In questa terra di corridori, dove Gebresilasse e Bekele sono considerati divinità più che eroi nazionali, la corsa vive sotto pelle. Grazie alla corsa, l’Etiopia non è solo uno dei tanti paesi africani sull’orlo dell’ennesima carestia ma è una fucina di campioni che mettono in riga chiunque al mondo.

Alla gara di corsa dei salesiani, con in palio premi importanti come mucche e capre, i ragazzi di Dilla si iscrivono praticamente tutti. Anche chi non si allena mai. Anche chi non ha neppure le scarpe. Perché il dono della corsa, e un pizzico del talento cristallino che ha portato i loro connazionali sul tetto del mondo, se lo sentono dentro tutti. Purtroppo, però, i miracoli capitano di rado e dopo poche centinaia di metri alcuni dei partecipanti già camminano.


Davanti il ritmo è indiavolato. A circa metà degli otto chilometri previsti, restano in due davanti. Uno dei due era già notabile alla partenza. Abbigliamento tecnico, scarpette da running, riscaldamento ragionato. Si vedeva che sapeva bene quello che stava facendo. Era pronto. E, infatti, è lì davanti, a giocarsela.
Ma quando siamo ormai all’ultimo chilometro inizia a perdere terreno e si stacca. Il suo avversario si invola da solo tra una folla raggruppata nelle ultime centinaia di metri che lo acclama.

È scalzo.

Subito dopo il traguardo crolla in ginocchio, distrutto. Alza gli occhi spiritati al cielo. Sembra che anche lui cerchi una spiegazione a quello che è successo. Ma forse oggi abbiamo assistito a un miracolo.

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